Sistemi a pannelli radianti per riscaldare e raffrescare

2022-05-25 08:58:29 By : Ms. andrea chen

Home / Approfondimenti / Sistemi a pannelli radianti: l’impianto efficiente per il riscaldamento e raffrescamento

I sistemi a pannelli radianti sono vocati al riscaldamento e raffrescamento efficiente. Di recente diffusione, la loro origine risale però all’alba dei tempi, prima ancora degli antichi Romani che l’hanno usata nelle terme e nelle domus

A cura di: Arch. Emanuele Meloni

Nonostante sia una tecnologia già nota in passato, è solo in tempi recenti che la diffusione dei sistemi a pannelli radianti è decollata. La tecnologia di riscaldamento e raffrescamento a pannelli radianti sta conoscendo un periodo di florida espansione grazie ad una serie di motivi, primo fra tutti l’arrivo della norma UNI EN 1264 che, dal 1997, detta requisiti e criteri per progettare e dimensionare correttamente un impianto radiante.

L’idea di riscaldare un ambiente dal basso, con un sistema posto al di sotto del pavimento, non è nata in tempi recenti come si potrebbe pensare. Già gli antichi Romani (vedi anche: raccolta e recupero delle acque piovane) ne sfruttavano le potenzialità nelle terme e nelle domus.

I sistemi a pannelli radianti possono essere una scelta vincente per riqualificare la propria abitazione approfittando degli incentivi fiscali al 110% del Superbonus. Rientrando poi, tra gli interventi trainanti di sostituzione dell’impianto di climatizzazione invernale (se abbinati al generatore di calore) o trainati (se abbinati al cappotto termico), non necessita di dover rispettare la normativa sui CAM (come invece accade per l’isolamento dell’involucro). Vediamone curiosità, pregi e difetti.

L’ipocausto è l’antenato del moderno sistema radiante a pavimento. L’invenzione è attribuita a Caio Sergio Orata, ingegnere romano vissuto all’epoca di Cicerone (II-I sec. a.C.). La tecnica, evoluta e perfezionata presso i Romani, era però già conosciuta presso i Greci: il termine ipocausto deriva dalle parole greche ipo che significa “sotto” e causto “bruciare”. Secondo alcuni studiosi (Bean et al.) questa tecnica, era nota in Cina fin dal 10.000 a.C. col nome di “Kang” (in italiano: letto riscaldato) e in Corea con l’appellativo “Ondol” (pietra calda).

I Romani utilizzarono questa tecnica sia nelle terme pubbliche (calidarium) – per riscaldare ambienti e piscine – che nelle domus, le dimore residenziali più nobili. L’ispirazione pare sia arrivata dall’osservazione di un fenomeno naturale caratteristico della zona vulcanica nei pressi dei Campli Flegrei nell’area vesuviana: da lungo tempo, infatti, la popolazione locale usava convogliare i vapori bollenti delle sorgenti in apposite stanze, per la cura termale.

Il pavimento era rialzato attraverso dei pilastrini in mattoni a formare un’intercapedine che, collegata ad una fornace accesa, permetteva il passaggio del flusso di aria calda al disotto del solaio, riscaldandolo.

Nelle terme era previsto un ulteriore accorgimento tecnico: apposite canalizzazioni in laterizio poste all’interno delle pareti (tubuli), permettevano di irradiare il calore con maggiore efficienza nell’ambiente.

Un antico sistema integrato di riscaldamento radiante all’avanguardia.

Vitruvio, nel Tomo Primo del “De Architectura”, ne descrive la realizzazione: “I pavimenti delle stanze calde, ancorché siano fabbricali sopra vòlte, pure si hanno alare nel seguente modo. Prima vi si ammattoni il suolo con tegole d’un piede e mezzo, ed il tutto pendente verso la bocca della stufa; sicché gettandovi dentro una palla non possa fermarvisi, ma bensì discenda contro la detta bocca; perché così la fiamma con maggiore attività si diffonderà sotto al piano sospeso. Sopra il suolo poi così ammattonato si alzino dei pilastretti con mattoni di ott’once, ed in modo contigui l’uno all’altro, che sopra di essi vi si possano collocare tegole di due piedi. L’altezza dei medesimi sarà di due piedi, e dovranno murarsi con creta impastata con capelli; e sopra vi si posino i detti mattoni di due piedi, i quali reggeranno il pavimento”.

Questa tecnica è caduta in disuso per molti secoli, fino ad essere riscoperta e utilizzata dalla fine dell’800. Ma, solo negli ultimi anni, sta vivendo la sua epoca d’oro.

Il sistema a pannelli radiante (a pavimento, soffitto o parete), a differenza dei metodi convenzionali per il riscaldamento o raffrescamento dell’edificio (a radiatori o ventilconvettori), sfrutta il principio di scambio di calore per irraggiamento (invece della convezione). Questo gli conferisce un elevato standard di efficienza energetica, che si riflette in temperature di esercizio notevolmente più basse rispetto ai sistemi convenzionali. In modalità riscaldamento, può funzionare a temperature comprese tra 25 e 45 °C (invece dei 55-70 °C); per il raffrescamento estivo posso bastare 15-18 °C (invece dei 7-10 °C).

La peculiare caratteristica del sistema radiante – sia esso a pavimento, parete o soffitto – di funzionare con una ridotta differenza di temperatura rispetto a quella ambientale, consente un notevole risparmio energetico. Se consideriamo poi l’accoppiamento con generatori ad alta efficienza (caldaie a condensazione, pompe di calore PDC) e fonti rinnovabili (pannelli solari termici), il risparmio tocca vette insuperabili.

Inoltre, a differenza degli impianti tradizionali a radiatori o fan-coil, permettono di avere due impianti in uno integrati assieme, con funzioni sia di riscaldamento che di raffrescamento.

Altra caratteristica positiva è la possibilità di gestire lo spazio in modo totalmente libero, grazie all’assenza di ingombri nell’ambiente domestico, in quanto il sistema si integra perfettamente alla struttura dell’edificio che lo nasconde in sé.

Ultima, ma non meno importante, è la qualità del riscaldamento/raffrescamento che, grazie all’assenza di correnti d’aria e di rumori, garantisce un elevato livello di comfort abitativo.

L’impianto a pannelli radianti funziona per irraggiamento, sfruttando il principio fisico secondo cui un corpo caldo cede sempre calore a un corpo freddo. Nel caso di riscaldamento invernale, l’acqua delle tubazioni, a più alta temperatura cede calore all’ambiente. Viceversa, nel periodo estivo, è l’ambiente a cedere calore ai pannelli radianti più freddi.

La temperatura di un sistema radiante (a pavimento, parete, soffitto) è sensibilmente più bassa rispetto ad un sistema di riscaldamento/raffrescamento tradizionale a radiatori o ventilconvettori. Questo permette da una parte, un significativo risparmio energetico, dall’altra una distribuzione del calore per irradiazione più uniforme e naturale.

La normativa pone dei limiti alla temperatura delle superfici radianti, onde evitare sensazioni di malessere derivabili dal contatto sul corpo umano. La massima temperatura permessa, in base alla funzione dell’ambiente è:

Un ruolo importante per la diffusione del calore è svolto dallo strato superficiale di rivestimento delle tubazioni ed in particolare del materiale della pavimentazione, che è consigliabile avere con caratteristiche di buona conduttività termica. Questo permette di avere una bassa resistenza al passaggio del calore ed avere di conseguenza la possibilità di adoperare temperature operative del sistema radiante più basse, col vantaggio di costi minori e tempi più rapidi di climatizzazione.

Due sono le principali norme internazionali sui sistemi radianti:

La norma UNI EN ISO 11855 (composta da 5 parti) è il principale riferimento per i sistemi radianti annegati. A breve è prevista la pubblicazione della parte 6 e 7.

In Italia il principale riferimento per i sistemi radianti in riscaldamento e raffrescamento annegati a parete, pavimento e soffitto è la norma di prodotto UNI EN 1264. La normativa è costituita da cinque sezioni:

La normativa detta una serie di requisiti minimi da rispettare in fase di progettazione, installazione e scelta dei materiali onde garantire il corretto funzionamento dell’impianto.

La posa in opera delle tubazioni (in materiale plastico) può avvenire con forma:

a passo costante o variabile. Quelli a spirale, di più recente concezione, hanno una capacità di distribuzione del calore più uniforme.

In base alla posizione all’interno di una stanza, possiamo avere un sistema:

Tra tutti, il sistema a pavimento è quello che presenta la maggior efficienza di funzionamento: l’aria calda, infatti, essendo più leggera ha la naturale tendenza a salire verso l’alto. I pannelli radianti a soffitto hanno il vantaggio di poter essere celati facilmente nel controsoffitto.

I sistemi radianti possono essere classificati, in base al tipo di supporto, in:

In base alla concezione tecnologica, si distinguono in:

La maniera tradizionale prevede la posa delle tubazioni annegate nel massetto cementizio gettato in opera e posto al disopra dello strato isolante. Questo genera uno spessore totale del solaio piuttosto elevato, che consente di poter sfruttare l’elevata inerzia termica del solaio.

Il metodo più innovativo e di recente diffusione va in direzione della posa a secco, che presenta non pochi vantaggi:

In questo caso, la maglia di tubi è posta nello strato isolante e viene commercializzata spesso in moduli prefabbricati già presagomati e predisposti (pannello isolante + tubi) da assemblare. Basta aggiungere lo strato di supporto (generalmente gessofibra) ed il pavimento, che il lavoro è finito.

Infine, ci sono i TABS, un tipo di radiante di recente diffusione.

La normativa UNI EN 1264-4, prescrive che: “lo spessore nominale sopra i tubi di riscaldamento (altezza di copertura) deve essere, per ragioni costruttive, almeno tre volte maggiore della dimensione massima dei granelli del materiale aggregato e comunque di almeno 30 mm”.

Negli ultimi anni si stanno diffondendo sempre più i cosiddetti TABS (Thermo Active Building Systems), un sistema radiante integrato di riscaldamento e raffreddamento, in cui il tubo è incorporato nel nucleo portante dell’edificio. In pratica l’elemento emittente (la rete di tubazioni) è combinato con la struttura portante dell’edificio (solaio o parete) – di cui ne sfrutta l’inerzia termica – e funziona come un unicum.

I sistemi costruttivi termoattivi sfruttano l’elevata inerzia termica del solaio per eseguire il “peak shaving”, che consiste nel ridurre la potenza frigorifera di picco richiesta in modo che sia possibile raffreddare le strutture dell’edificio durante un periodo in cui gli occupanti sono assenti (durante le ore notturne negli uffici).

L’inerzia termica, particolarmente vantaggiosa in estate, consente di non reagire istantaneamente ai carichi termici, posticipando ad esempio il periodo di criticità nella rimozione del calore al di fuori del periodo di occupazione, provvedendo in tal modo al raffrescamento dell’edificio durante le ore notturne.

La rete di tubazioni è alloggiata al centro della struttura in modo da sfruttarne l’intero volume di energia.

Va da sé che l’efficienza del suo funzionamento è strettamente legata alle caratteristiche costruttive dell’elemento strutturale in cui è incorporato e che costituisce il suo serbatoio termico.

Per impedire al calore di disperdersi, è necessario che i pannelli radianti poggino su uno strato isolante di pochi centimetri. I materiali più utilizzati sono eps, xps, sughero. Nel caso di impianto radiante a pavimento, lo strato isolante deve essere continuo e soddisfare i requisiti previsti dalla normativa UNI EN 1264-4.

La normativa prevede per il materiale isolante una resistenza termica (Rd) minima da rispettare, in funzione della sua posizione all’interno dell’edificio. Nello specifico il valore che può assumere è legato alla qualifica dell’ambiente sottostante il pavimento.

Se il pavimento non poggia su alcuna struttura né sul terreno (caso IV), ovvero ci si trovi in presenza di una costruzione a sbalzo, la resistenza dell’elemento isolante sarà proporzionale alla temperatura esterna di progetto e può variare da un valore minimo di 1,25 mqK/W a 2,00 mqK/W.

La corretta posa in opera del sistema a pannelli radianti deve prevedere in fase di progettazione, dei giunti di dilatazione che consentono le necessarie dilatazioni termiche. Prima della posa dello strato isolante va inserita una fascia perimetrale che corre tutta intorno alla stanza. La normativa (UNI EN 1264 e UNI EN ISO 11855) prescrive che essa debba assorbire almeno 5mm delle dilatazioni del massetto.

A conferma della sua importanza la norma UNI EN 1264 prevede che il progettista debba consegnare uno schema dei giunti di dilatazione all’impresa incaricata delle lavorazioni, prima che queste abbiano inizio.

Per lavori particolarmente complessi (superfici maggiori di 40 mq, o lati maggiori di 8 metri) e sopra i giunti di dilatazione dell’edificio o per solette dalla forma marcatamente irregolare, la norma prescrive l’uso di ulteriori giunti.

Il Consorzio Q-RAD in collaborazione con la Commissione Tecnica del Comitato Termotecnico Italiano (CTI), ha elaborato nel 2016 la norma UNI/TR 11619 (“Sistemi radianti a bassa temperatura – Classificazione energetica”) che presenta la classificazione energetica dei sistemi radianti a bassa temperatura.

Il rapporto tecnico definisce la metodologia per il calcolo dell’indice di efficienza energetica dei sistemi radianti a bassa differenza di temperatura a pavimento, parete e soffitto, abbinati a strategie di regolazione, bilanciamento e pompe di circolazione. In base all’indice, l’efficienza dell’impianto può classificarsi in 5 classi, dalla AAA (la più efficiente) alla D.

L’indice, definito RSEE (Radiant System Energy Efficiency), rappresenta l’efficienza complessiva di un sistema radiante composto da tubazioni a parete, soffitto o pavimento, collegamenti, collettore, sistema di regolazione.

L’efficienza di emissione (ηe), ricavata dalla norma UNI TS 11300-2 aggiornata al 2014, è legata alla sola posizione del sistema radiante (pavimento, parete, soffitto). Anche i rendimenti di regolazione (ηrg) sono tratti dalla stessa normativa. I rendimenti di bilanciamento (ηbal) sono riportati nella normativa UNI EN 15316-2-1 del 2007. L’efficienza di circolazione (ηcirc) è riportata nel Regolamento CE 641 del 2009.

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