Il motociclista cita a giudizio il Comune di Napoli per sentirlo condannare al risarcimento dei danni per le lesioni riportate in un sinistro stradale verificatosi, allorquando, alla guida di un motociclo, era finito con la ruota anteriore in una buca in corrispondenza di un giunto di dilatazione, perdendo il controllo del mezzo e rovinando al suolo.
Nei gradi di merito la domanda veniva rigettata.
Tuttavia, secondo la Corte di merito, tenuto conto delle condizioni di buona visibilità (il sinistro si era verificato alle ore 15,20, in condizioni di tempo sereno e in un tratto rettilineo) e del fatto che la buca aveva “apprezzabili dimensioni” e non era occultata da materiali di sorta, il motociclista avrebbe potuto avvistarla tempestivamente, cosicché l’incidente risultava prevenibile ed evitabile.
Conseguentemente, il comportamento colposo del motociclista esclude la responsabilità del Comune sia sotto il profilo della responsabilità da cose in custodia, che sotto il profilo dell’insidia o trabocchetto.
Il motociclista ricorre in Cassazione lamentando violazione o falsa applicazione degli artt. 2051 e 1227 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Pur facendo riferimento al paradigma della responsabilità per danno causato da cose in custodia, la Corte territoriale ha erroneamente interpretato il sinistro ai sensi dell’art. 2043 c.c., arrivando ad assimilare gli effetti dei due inquadramenti ai fini del rigetto della domanda.
La decisione di secondo grado, pur richiamando formalmente il criterio di imputazione di cui all’art. 2051 c.c., mostra in modo inequivoco di ritenere che la responsabilità del Comune potesse essere configurata soltanto a fronte del concreto riscontro di un’insidia, così da valorizzare il dato della avvistabilità della buca e, quindi, la prevenibilità ed evitabilità da parte del conducente e pervenendo all’esclusione della responsabilità dell’ente sull’assunto che l’anomalia stradale potesse essere percepita dal motociclista.
Tale inquadramento è errato alla luce della pacifica riconducibilità della fattispecie in esame nel paradigma dell’art. 2051 c.c., e non in quello dell’art. 2043 c.c., senza possibilità di utilizzare, per l’accertamento della responsabilità del custode, categorie ad essa non pertinenti.
Nella responsabilità oggettiva per custodia, ciò che rileva è l’accertamento di tipo causale, ovverosia la derivazione del danno dalla cosa e dell’eventuale interruzione del nesso per effetto del caso fortuito.
Non sono rilevanti altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura insidiosa o la circostanza che l’insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato.
Pertanto, ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l’agire umano, non basta a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno non solo una condotta lato sensu colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa, ma a maggior ragione una condotta del danneggiato che, risulti, e comunque senza che ciò risulti, si profili solo ex post, cioè all’esito dell’apprezzamento dopo il verificarsi del danno dovuto alla condizione della cosa, tale che, se non fosse stata tenuta nel modo in cui lo è stato, il danno si sarebbe potuto evitare nonostante quella condizione.
“L’ente proprietario di una strada si presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo immanente connesse alla struttura ed alla conformazione della stessa e delle sue pertinenze, fermo restando che su tale responsabilità può influire la condotta della vittima, la quale, però, assume efficacia causale esclusiva soltanto ove sia qualificabile come abnorme, cioè estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto, potendo, in caso contrario, rilevare ai fini del concorso causale ai sensi dell’art. 1227 c.c”.
Applicando tali principi nel caso esaminato risulta evidente che la Corte territoriale ha commesso un evidente errore di sussunzione del fatto concreto, almeno per come l’ha descritto, sotto la norma dell’art. 2051 c.c., nel senso che quanto da essa affermato non avrebbe potuto in alcun modo escludere quella sussunzione.
Oltre a ciò la Corte di merito non ha considerato che le dimensioni della buca erano anche tali che essa non era affatto di grandi dimensioni, sicché resta incomprensibile come la presenza di una buca delle dimensioni e profondità accertata, sarebbe stata percepibile ove il motociclista non avesse viaggiato alla velocità (ignota) a cui viaggiava.
Conclusivamente viene accolto il primo motivo di e la Corte cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione.
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